Da un appunto del 3 luglio 2019:
M****** connette il tablet chiuso sul tavolo e dice: - controllo che a casa vada tutto bene. Sullo schermo appare l'interno di una casa, è un salotto. M***** scorre le dita sullo schermo e l'immagine si muove, mostrando la stanza da differenti angolazioni. Vedo la forma netta e accogliente di un grande tavolo di legno, mi sento indiscreta, distolgo lo sguardo. M****** sorride rassicurata: - No, il cane non è salito sul divano. Un'altra collega si siede vicino a noi, estrae il suo telefono dalla borsa, tocca un logo a forma di occhio stilizzato e passando da una stanza all'altra della sua casa si accorge di aver lasciato una luce accesa.
Sotto questo ricordo, un testo racchiuso tra due virgolette, scritto a mano, dopo l'annotazione: tratto da Les Choses di Georges Perec.
Tutto sarebbe marrone, ocra, fulvo, giallo: un universo di colori un po' appassiti, dai toni dosati accuratamente, quasi con preziosità, in mezzo ai quali sorprenderebbero alcune macchie piú chiare: l'arancione quasi sgargiante di un cuscino , qualche volume variopinto sperduto fra le rilegature. In pieno giorno la luce, entrando a fiotti, renderebbe quella stanza un po' triste, nonostante le rose. Sarebbe una stanza per la sera. Allora, d'inverno, tirate le tende , con alcuni punti di luce - l'angolo delle librerie , la discoteca, il secrétaire, il tavolino fra i due divani , i vaghi riflessi nello specchio - e le vaste zone d'ombra dove brillerebbe ogni cosa : il legno lucido, la seta pesante e ricca, il cristallo molato, il morbido cuoio, sarebbe un porto di quiete, un mondo di felicità.